Settembre 2009

Il capitalismo si prende le nostre vite riducendoci in merce.

Riprendiamoci le nostre vite abolendo lo sfruttamento capitalista!

Forse è stata la disperazione a portare gli operai della INNSE di Milano a salire su una gru per evitare la chiusura dell'azienda e la vendita dei macchinari, forse ancora una volta è stata la disperazione a spingere gli operai della LAMSE di Melfi, della CNH di Imola a fare lo stesso, o anche gli operai della Alcatel di Battipaglia a rinchiudersi nella fabbrica circondandosi di taniche di benzina. Forse è stata la disperazione a costringere questi lavoratori a mettere a repentaglio la propria vita. Ma quale infelicità ha spinto 23 dipendenti di France Telecom a suicidarsi dopo aver saputo di aver perso il lavoro, così come quel giovane di 32 anni della Chloride di Bologna che si è impiccato perché in mobilità il 24 luglio del 2009? Quale infelicità si cela dietro le tragedie familiari di cui sono protagonisti lavoratori disoccupati o licenziati, di cui si occupa sempre più spesso la "cronaca nera"? Cosa ne sarà dei precari del settore pubblico e privato, una volta che gli è stata tolta la possibilità di procurarsi denaro vendendo il proprio lavoro? Il capitalismo ci ha reso merce comprando il nostro lavoro e facendo delle nostre esistenze una vita che ha valore solo se si ha reddito, solo se si lavora. Così quando il nostro lavoro non gli serve più perché i profitti si fanno altrove o in un altro modo, ce lo toglie e con questo sa di togliere valore alla nostra vita. Perché sa che se non siamo più merce umana non valiamo più niente. La mancanza di lavoro causa la mancanza di reddito, e la mancanza di denaro ci costringe ad accettare peggiori condizioni di lavoro pur di continuare a produrre, oppure a mettere in gioco la nostra vita, a volte senza ritorno. Così il capitalismo si prende le nostre vite 2 volte, ci uccide 2 volte. L'infelicità totale e l'alienazione verso cui ci spinge il capitalismo, approfittando in questo periodo della crisi economica che colpisce il lavoro dipendente, non è una condizione da cui ce ne possiamo uscire in solitudine. Dietro ogni lotta per salvare una fabbrica, dei macchinari o dei posti di lavoro occorre ricostruire un tessuto di solidarietà collettiva e di classe, occorre ricostruire un'organizzazione sindacale che non sia disponibile a mediare il conflitto contrattando una minore infelicità o alienazione, occorre riprendere una lotta dal basso ed autogestita per salvare le nostre vite dal capitalismo, una lotta per l'abolizione dello sfruttamento e del lavoro salariato. Occorre respingere ogni ipotesi o accordo che preveda forme di cogestione e di compartecipazione agli utili aziendali, perché nascondono l'ennesimo inganno che consegna al lavoratore il giogo del proprio sfruttamento. Non si tratta più di salvare solo il contratto nazionale e ciò che rimane della democrazia nei luoghi di lavoro, occorre bensì aprire una nuova stagione di conflittualità che ponga al centro della sua azione la ragione sociale e solidaristica del lavoro, liberato dallo sfruttamento salariale. Ogni lotta deve impedire la distruzione dei siti produttivi, ogni lotta deve mettere in conto la possibilità di consegnare il lavoro nelle mani dei lavoratori prendendo in considerazione l'autogestione della produzione, dei trasporti, della distribuzione, costruendo organismi di gestione a struttura consiliare e cooperativa autonoma che dimostrino l'inutilità e la dannosità del sistema capitalistico e delle sue forme di dominio. Che ogni forza, organismo, struttura locale, territoriale, nazionale del sindacalismo conflittuale, della sinistra libertaria ed anticapitalista possa adoperarsi e coordinarsi in questa lotta per la vita, la nostra vita di lavoratori e lavoratrici sfruttati ed alienati!

Federazione dei Comunisti Anarchici

Dalla gestione dell’emergenza al controllo capillare del territorio.

L’organo nazionale che si occupa della previsione, prevenzione e gestione degli eventi straordinari catalogati come calamità naturali è il Dipartimento della Protezione Civile.
Questo venne istituito con DPCM del 22 giugno 1982. Antecedentemente, nei primi decenni del ventesimo secolo, il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi veniva effettuato dal Ministero dei Lavori Pubblici, mediante il suo braccio destro operativo rappresentato dal Genio Civile.

Solo nel 1970 si ha la vera svolta verso l’assetto odierno della gestione dell’emergenza, quando con la legge n. 996 dal titolo "Norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità", vengono delineate, per la prima volta, disposizioni di carattere generale che prevedono un'articolata organizzazione di protezione civile e viene creata la figura del Commissario Straordinario. La concretizzazione di tale figura si avrà con la designazione alla carica di Commissario Straordinario di Giuseppe Zamberletti, nominato con il decreto legge n.57 del 27 febbraio 1982 (convertito nella legge n.187 dello stesso anno), col quale Zamberletti viene nominato a capo del nuovo Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, che nella sua attività si avvarrà del Dipartimento della Protezione Civile.
Infine dal 1992, con Legge n.225, il Dipartimento della P.C., che nel frattempo era passata alle dipendenze del Ministero dell’Interno, passa da questo alla diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I compiti del Dipartimento sono legati alla previsione e prevenzione dei rischi che gravano sul territorio e, specialmente, alle attività da mettere in campo nelle fasi emergenziale e post-emergenziale, al fine di limitare le conseguenze negative di qualsiasi disastro naturale o artificiale.

Ed è proprio attraverso la gestione dell’emergenza e delle fasi successive ad essa, che implicano l’urgenza delle azioni da mettere in atto nelle occasioni di eventi straordinari, che si fa strada e si consolida il potere politico ed economico del Commissario Straordinario del Dipartimento della Protezione Civile.

Quando infatti in una porzione del territorio italiano viene dichiarato lo stato di emergenza, poiché si verifica una situazione in cui le capacità di risposta dell'Ente Locale territoriale non sono in grado di far fronte ai problemi che si sono presentati, entra in campo il Commissario Straordinario.
Questi gestisce i fondi per l'emergenza, stanziati dal Governo, in tutta autonomia e può agire in deroga alle normative comunitarie ed alla legge italiana in materia d'appalto, emettendo ordinanze straordinarie.
Infatti nei casi delle emergenze di rilievo nazionale, l'urgenza dell'intervento giustifica la sospensione delle normali procedure di aggiudicazione delle opere pubbliche mediante gara d'appalto e l’affidamento degli incarichi e dei futuri lavori diventa prerogativa diretta del Commissario Straordinario che aggiudica i lavori a ditte scelte a sua discrezione.

Inoltre il Dipartimento della Protezione Civile è alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri e questo lo situa in una posizione "superiore" rispetto ai Dipartimenti direttamente dipendenti da un "semplice" Ministero e lo mette al riparo anche dal controllo della Corte dei Conti.
Da qui l’enorme potere politico ed economico dell'attuale Capo del Dipartimento della P.C., il medico Guido Bertolaso, tecnico bipartisan della gestione emergenziale che ha ricoperto vari incarichi sia nei governi di centrosinistra che di centrodestra e che è stato eletto a Commissario della P.C. nel nuovo corso voluto da Berlusconi a partire dal 2001.
Bertolaso, personaggio molto vicino all’Opus Dei, è oggi uno degli uomini più potenti d'Italia, godendo, in virtù del suo incarico, di un'autonomia totale in tema di ordinanze, di gestione di fondi, di trattative di appalti in forma privata e il tutto senza alcun controllo.

E questo non solo nei casi di emergenze dovute a calamità naturali a carattere nazionale.
Infatti proprio nel decreto del settembre 2001, lo stesso che ha trasformato l'ente in dipartimento della Presidenza del Consiglio, l'articolo 5 bis comma 5 stabilisce che il potere di ordinanza del Commissario si estende “alla dichiarazione di grandi eventi anche diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza”.
Ciò significa che la P.C. può entrare in gioco non più solo in conseguenza a terremoti, alluvioni, e altre calamità naturali, ma anche in occasione di grandi meeting che coinvolgono la mobilitazione di grandi masse di popolazione, come quelli a carattere religioso o sportivo, o in occasione di eventi politici come il G8, oppure di altre emergenze umane come le carenze idriche, lo smaltimento di rifiuti, l’immigrazione ecc.

Attraverso l’articolo 5 bis la pratica dell’ordinanza viene estesa, ampliando notevolmente i poteri del Dipartimento della P.C. Questo, quindi, per tutta una serie di prerogative, si trova ad essere svincolato dalle normali procedure decisionali della democrazia borghese, e diviene così strumento, quasi insindacabile, di controllo diretto del territorio da parte del potere esecutivo, oltre che veicolo di capitali da elargire alle imprese amiche.
E infatti, da quando Guido Bertolaso è stato nominato capo del Dipartimento per la Protezione Civile italiana, sono state varate circa 550 ordinanze emergenziali, con un erogazione di capitali all’incirca di 10,6 miliardi di euro.
Solo per fare un esempio, a Varese in occasione di un “grande evento”, i Mondiali di ciclismo 2008, con l’ordinanza n. 3565 sono stati stanziati, nel 2007, sette milioni di euro per la nuova tangenziale fra la Ss 342 “Briantea” e la Ss 233 “Varesina”, scavalcando sindaci ed enti locali.
Ma il meccanismo dell’ordinanza potrebbe essere funzionale anche ad uno degli ultimi progetti del governo Berlusconi: il ritorno al nucleare.
Infatti, attraverso questa “scappatoia” autoritaria potrebbero essere superate tutte quelle difficoltà legate ai freni autorizzativi imposti dagli enti locali contrari alla costruzioni di centrali nucleari sul proprio territorio.
Non è un caso che nel decreto legge “anticrisi”, varato dal Consiglio dei Ministri il 26 giugno 2009, è stato aggiunto ai compiti della Protezione Civile anche quello della gestione di interventi sulla trasmissione e distribuzione dell’energia. In tal modo è sufficiente la nomina di un Commissario Delegato per poter utilizzare mezzi e poteri straordinari in deroga alle competenze delle altre amministrazioni territoriali, per cui le comunità locali potrebbero vedersi costruire una centrale nucleare sul proprio territorio grazie ad un’ordinanza del Capo della Protezione Civile, senza poter opporsi “legalmente”.

La Protezione Civile, quindi, non è un reale organo di prevenzione, come dovrebbe essere, quanto invece uno strumento nelle mani dell’esecutivo.
D'altronde con la prevenzione ci si guadagna poco sia in termini di affari economici, con commesse elargite agli amici degli amici, sia in termini di controllo politico del territorio.
Con la gestione dell’emergenza e della post-emergenza invece è tutto un altro andare.
L’ultimo esempio ce lo abbiamo sotto gli occhi tutti, rappresentato dalla recentissima tragedia abruzzese. A parte il fatto che se la Protezione Civile fosse stata un vero ente di prevenzione, da anni si sarebbe dovuta preoccupare dell’adeguamento strutturale perlomeno degli edifici sensibili dei territori ad alta pericolosità sismica, come scuole ed ospedali.
In realtà in Abruzzo una tragedia umana, dovuta in gran parte alla mancanza di una cultura di prevenzione sismica, dettata dalla centenaria speculazione edilizia esercitata da un intero blocco economico-sociale costituito da imprenditori, politici e tecnici, si è trasformata in una nuova occasione di gestione di capitali.

In più la gestione post-terremoto del territorio rappresenta per la Protezione Civile, e per il potere esecutivo di cui è strumento, la sperimentazione di forme di vigilanza capillare della popolazione, attraverso modelli di controllo assoluto sulla vita degli sfollati nei campi di accoglienza.
È questo un aspetto che ho potuto costatare personalmente in occasione delle visite fatte per andare a trovare i compagni e le compagne di Epicentro Solidale del campo di Fossa. Schedatura ossessiva dei residenti e di chiunque volesse andare a far visita; imposizione di orari di rientro al campo con chiusura delle entrate ad una certa ora della sera, per cui c’era chi rischiava di rimanere fuori dalla propria tenda; impedimento al ricongiungimento di famiglie, persino occasionale, per cui si arriva addirittura ad impedire ad un anziano genitore di ricevere a pranzo i propri figli, abitanti in un altro campo. Niente internet, niente TV personali, ma solo quella comandata dalla P.C. presente nella mensa; possibilità di contatti col mondo esterno ridotti ai minimi termini. Nulla si poteva e si può fare nei campi se non hai l’autorizzazione dei “soldatini” della Protezione Civile.

L’intento è chiaro: ridurre un intera popolazione, ancora sconvolta dal terremoto, ad un ammasso di individui senza volontà, incapaci di badare a loro stessi, necessitanti della caritatevole autorità del dominio.
Qualsiasi forma di partecipazione dei residenti alla gestione dei campi è negata, persino i Comuni sono esautorati dai loro consueti poteri e nei campi fungono da cuscinetto tra i padroni della Protezione Civile e i residenti.

E sopra a tutti lui, il padre-padrone Bertolaso, dispensatore di fiducia e certezze. Certo, la certezza dei guadagni realizzati dalle imprese imposte come fornitrici delle mense e delle strutture logistiche basilari dei campi, la maggior parte delle quali oltretutto proviene da fuori regione. O la certezza degli immensi guadagni che stanno realizzando i palazzinari che si sono aggiudicati gli appalti di fornitura dei nuovi alloggi.

Zatarra

Slovacchia, scandalo nucleare.

Spunta documento che spiega come ingannare i controlli per la centrale nucleare di Mochovce.

Greenpeace è venuta in possesso di un documento della compagnia elettrica Slovenske Elektrarne (SE), controllata al 66% da ENEL, che descrive come manipolare l’audizione pubblica prevista dalla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per il progetto di completamento di due reattori nucleari sovietici a Mochovce, in Slovacchia. L’audizione si terrà il prossimo 18 settembre, a Bratislava.

“Si tratta di un documento ufficiale di ENEL/SE che mostra chiaramente la volontà di manipolare la partecipazione del pubblico per evitare che si facciano critiche al progetto” spiega Andrea Zlatnanska, responsabile della Campagna Energia.

Il documento descrive come prevenire che ci siano manifestazioni di protesta, come restringere la partecipazione del pubblico, e come raggiungere una minima attenzione dei media. ENEL/SE indica esplicitamente al Ministero dell’Ambiente Slovacco di organizzare solamente un’audizione a Bratislava e che venga ‘evitata’ l’audizione a Vienna già richiesta dal Consiglio comunale. Secondo la Convenzione ESPOO, infatti, i Paesi confinanti possono far richiesta di partecipare alla VIA per capire quali potrebbero essere gli impatti del progetto. Austria e Ungheria sono molto critiche sul completamento di reattori nucleari risalenti agli anni ’70 a pochi chilometri dal confine.

Il progetto consiste nel completamento di due reattori nucleari di progettazione sovietica VVER da 440 MW ognuno, la cui costruzione fu interrotta all’inizio degli anni ’90.
I reattori non hanno alcun sistema di protezione in grado di proteggerli da incidenti gravi come l’impatto di un aereo. Il completamento costerà a ENEL - nelle previsioni - 2,8 miliardi di euro, quasi quanto costerebbe realizzare ex-novo un reattore EPR di ultima generazione.

“In Slovacchia ENEL sta buttando i soldi dalla finestra come se comprasse una Duna senza airbag al costo di una Ferrari” chiarisce Francesco Tedesco, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace. “È uno scandalo che la controllata di ENEL faccia silenzio attorno al progetto e nasconda le informazioni agli occhi dei cittadini che dovranno convivere con reattori nucleari senza guscio di contenimento. È questo il trattamento che ENEL intende riservare anche agli italiani?”

Greenpeace denuncia che il comportamento di ENEL/SE, interferendo nel processo di pubblica partecipazione, è in violazione della legge. Greenpeace chiede dunque al Governo slovacco che la procedura di VIA, ormai compromessa, sia fermata e fatta ripartire dall’inizio. I lavori di completamento dovrebbero inoltre essere fermati immediatamente fino a quando la procedura VIA non sarà conclusa.

I costi aggiuntivi e vivi della ThyssenKrupp.

Questa è la notizia che viene da Dusseldorf oggi 9 settembre 2009: "Il gigante dell´acciaio ThyssenKrupp stima costi aggiuntivi per 2 miliardi di euro nell´esercizio finanziario 2008/09 e quindi pensa di vendere una parte notevole del suo patrimonio. Lo scrive il quotidiano `Die Welt´ nella sua edizione online.
ThyssenKrupp, quindi, avrebbe intenzione di vendere la controllata TK Industrieservice Wisag, che ha un fatturato di 430 milioni di euro e ha 9.000 dipendenti che forniscono servizi di pre-assemblaggio per l´industria automobilistica, dei servizi e dell´industria alimentare".
Per chi non ha memoria "olfattiva" aggiungo che nel dicembre 2007 un incendio nella sede torinese del colosso tedesco dell´acciaio ThyssenKrupp provocò la morte di sette operai, arsi vivi...A fine giugno i familiari delle vittime hanno raggiunto un accordo con l´azienda ottenendo un risarcimento che sfiora i 13 milioni di euro, ma rinunciando a costituirsi parte civile.

In sette morirono, tanti come i sette nani, una piccola parte di quei morti sul lavoro a decrescere, stando alle statistiche della Strega malefica o Biancaneve, 1200 suppergiù morti l´anno sul lavoro. Bianche s´intende le morti, smacchiettate dal lavoro nero di certe altre piccole, nane aziende.

La notizia non potevo non "assemblarla" con quante reperite nel web, con quelle che rendono leggeri non solo i veicoli, rammentiamoci per favore: "L´azienda ha ricevuto numerosi premi per la soddisfazione dei propri clienti e la qualità dei propri servizi, tra cui il QS9000, il TS16949 e la certificazione ISO14004, oltre ad aver ricevuto l´IIP. Nel 1999, inoltre, ThyssenKrupp Tallent Ltd è stata una delle tre aziende produttive del Regno Unito a ricevere il premio speciale "National Training Awards" per l´eccellenza dimostrata nello sviluppo delle risorse umane e prodotti senza costi aggiuntivi e risparmio nei tempi di sviluppo".

Il 20 novembre 2008 ci fu una bella macabra mostra fotografica a Roma, dove immagino si riversarono folle di piccoli medi e grandi imprenditori, "L´agenzia Contrasto e l´Anmil insieme per dire NO! alle morti sul lavoro" a cui partecipò Fini che inaugurandola dichiarò: "Non si può riconoscere nessuna attenuante per chi, avendone la possibilità, non fa nulla per evitare i rischi - ha aggiunto - quella degli infortuni e delle morti bianche è una questione prima che politicamente inaccettabile, moralmente inaccettabile". Il duetto prevedeva una sottolineatura sui costi aggiuntivi, per cui di rimando il presidente dell´Anmil Pietro Mercandelli con fermezza disse: "I costi per la sicurezza non possono essere considerati costi aggiuntivi. E´ necessario invece che i datori di lavoro prestino più attenzione alle norme per limitare il rischio degli infortuni".

Mai più morti come queste, l´hanno detto in tanti ai funerali e negli editoriali, dai palchi e dagli schermi, tuonato con commozione e convinzione.

Mai più avremmo dovuto dire e consentire il ricatto che il lavoro nobilita l´uomo, che il lavoro è un diritto magari un piacere se fatto bene, che si può morire, per alleggerire i costi aggiuntivi dell´azienda, magari di fame e con tanta dignità da documentare in una puntata a notte fonda come quella della televisione italiana, di una mamma Rai, una matrigna qualunque dell´etere.

I caduti sul lavoro, figurarci senza ma si, non aggiungiamo altra pena. Cerchiamo di raggiungere il traguardo, Lisbona 2010, ci penserà Baffone, Boffo, Baffino a questi che piangono e magari fottono pure al Capezzone di chi ancora vuole vivere tra Tremonti e con la barca.

Ad ogni buon conto come si usa in Casa Democratica e Libera, leggetevi all´8 settembre quanto "è uscito nel mese di agosto, il primo numero della newsletter "Sicurezza e Prevenzione", dedicata al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Realizzata da questo Ministero in collaborazione con il Sole 24 Ore, la newsletter propone notizie, approfondimenti e interviste allo scopo di informare i cittadini rispetto alle novità legislative e alle iniziative del Ministero, fornire dati e analisi sul fenomeno infortunistico, diffondere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro presso le aziende, i lavoratori, le associazioni di categoria e tutti gli operatori del mondo del lavoro".

MUOStro di HAARPness.

Come nella leggenda di Lochness anche in questo caso il mostro non è sempre visibile.

“Quando si crea una leggenda come quella del mostro di Lochness, suscitiamo nell’uomo sensazioni ed emozioni che tendono a stabilire il fatto stesso, come una cosa potenzialmente reale ma con quel velo che ne traccia l’aspetto fantastico, ciò che una foto d’avvistamento del mostro suscita nelle persone, è ciò che il progetto Muos ha suscitato in me quando ne sentii parlare per la prima volta, ossia quello che viene prospettato agli occhi della gente non è altro che la leggenda ma dietro c’è ben altro.” Kajal.

Le domande da non porsi mai sul Governo Mondiale.

Intervista di Valeria Indovina (del comitato no Muos di Niscemi) a Kajal De La Villa (Scrittore-Ricercatore).
V: Cosa intendi per un “mostro che non è sempre visibile” e perché lo associ al MUOS?
K: Quando sentii parlare del progetto MUOS, mi incuriosì il fatto che utilizzava caratteristiche tecniche di altri progetti come il progetto HAARP, e così come nella leggenda, ebbi la sensazione che MUOS veniva attivato per coprire altri obbiettivi militari non visibili.
V: Quali sono le fonti che ti hanno portato a concepire un’ipotesi che contrasta con la versione ufficiale relativa allo scopo che il progetto MUOS persegue?
K: Ma guarda è semplice, le forze armate statunitensi dicono di utilizzare la frequenza UHF per risultare idonei alla legislazione vigente che limita a 2,5 mhz il tetto massimo stabilito in Italia, nel contempo ovviamente, devono necessariamente utilizzare bande di frequenza che vanno ben oltre il limite stabilito, come le frequenze EHF, SHF o VLF, quindi c’è un incongruenza tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto creando i presupposti per concepire un ipotesi di contrasto.
V: Quindi se ho capito bene, se lo scopo ufficiale del progetto MUOS è quello di integrare forze navali, aeree e terrestri , perché dicono di utilizzare le frequenze UHF quando invece per fare ciò necessitano la VLF, EHF, SHF?
K: Lo scopo è quello di dire mezze verità per farsì che si propaghino ipotesi e teorie all’infinito, nel caso MUOS, se loro ci dicono che utilizzeranno UHF per scopi militari, noi ci concentreremo sul fatto che mentono, alla fine, quando scopriremo che utilizzano realmente la UHF, allora sfumerà il nostro interesse sul Progetto stesso, poiché risulterebbe non pericoloso, così finalmente loro potranno dire che avevano detto sempre la verità e utilizzare tranquillamente le UHF del Progetto HAARP che serve per modificare la ionosfera e creare eventi tellurici, uragani, siccità, insomma una nuova tipologia di guerra, la guerra climatica.
V: Ma cosa è il progetto HAARP?
Ufficialmente il progetto HAARP nasce per la ricerca scientifica sugli strati alti dell'atmosfera e della ionosfera, un altro scopo è la ricerca sulle comunicazioni radio per uso militare. In realtà stando alle ricerche di studiosi ingaggiati dalla commissione europea nel 2003, HAARP fu definito un sistema altamente pericoloso proprio per le sue potenzialità nel modificare la ionosfera e agire nei processi mentali umani, stranamente MUOS nasce nel 2004, poco dopo che la Commissione Europea rifiuta al Progetto HAARP di fare esperimenti sul territorio europeo…
…Che sia una coincidenza? Solitamente anche nel settore commerciale, basta cambiare nome ad una società e possiamo evitare di essere accusati per reati e continuare a perpetrare morte, come accadde alla IG Farben dopo la seconda guerra mondiale, che si trasformò in più società tra cui anche in Bayer.
V: Cosa quindi potrebbe avvalere l’ipotesi che i test effettuati attraverso il progetto HAARP potrebbero effettivamente incidere negativamente sulla popolazione?

Potrei dire che non è così facile che la natura sia precisa come nel caso del ciclone Zoe in Polinesia, il terremoto in Iran e lo Tsunami in Indonesia, tutti rigorosamente accaduti il 26 dicembre 2002, 26 dicembre 2003, 26 dicembre 2004. Sembra più un test che una coincidenza.
V: Queste paure sono state percepite , sia da Mosca dove 90 parlamentari della Duma avevano firmato un appello indirizzandolo all’ONU in cui si chiedeva la messa a bando di questi esperimenti sia in Europa nel momento in cui la Commissione Europea nel 2003 ha negato ad essi la possibilità di agire su territorio europeo, alla luce di queste informazioni pensi che ci sia un collegamento fra MUOS e HAARP?
A mio avviso, MUOS è un braccio di HAARP, appunto perché non potendo operare liberamente con HAARP soprattutto in Europa, il governo americano ha dovuto creare una nuova strategia o chiamiamola pure “società”, tanto per ricollegarci al loro settore commerciale, dove una società cambia nome per non essere incriminata e per continuare il progetto.
V: Ci sono prove tangibili sul collegamento tra MUOS e HAARP?
K: MUOS utilizza un sistema che serve a far decollare i Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota), ufficialmente vengono utilizzati per il controllo del territorio ma diversi studiosi e ricercatori indipendenti hanno appurato che gli UAV rilasciano scie simili a quelle di condensazione, che però risultano cariche di metalli elettro-conduttori, quindi HAARP trasmette onde radio a banda stretta, gli UAV rilasciano i metalli per condurre le onde a livello globale e MUOS è la base che pilota gli UAV, questa potrebbe essere una prova tangibile, ma io credo fermamente che anche MUOS dato che utilizza UHF come HAARP sia in grado di divulgare onde radio per la creazione di eventi climatici, insomma voglio dire che 43 milioni di dollari per radiocomandare 4 droni mi sembra una cosa poco credibile.

Valeria Indovina – Comitato NO MUOS

G8 conferenza sulla violenza sulle donne.

La conferenza sulla violenza sulle donne tenuta alla Farnesina il 9 e 10 settembre '09 nell'ambito del G8 si è rivelata l'ennesima inutile passerella di politicanti e venditori di fumo (cattivo) che non servirà a risolvere nessun problema, né tanto meno a fermare la violenza contro le donne. Del resto i famosi incontri dei vari G7, G8, G20 non hanno mai risolto nessun problema, anzi hanno contribuito ad aggravare la situazione di miseria e di sfruttamento dei paesi più poveri, rivelandosi occasioni per fare buoni affari per i paesi più ricchi. E' buffo notare che tale conferenza sia stata promossa dalla rappresentante più glamour del governo italiano. Certamente la poverina deve intendersene di violenza contro le donne, sappiamo bene a quale prezzo sia diventata ministra. Una che per farsi avanti nella vita ha dovuto sudare in palestra, nei beauty center, dal chirurgo plastico, nei letti e sui divani, certamente ha tutti i titoli per parlare a nome di milioni di donne uccise, stuprate, ridotte in schiavitù, in miseria, tenute nell'ignoranza, annullate dentro sacchi informi, mutilate. Fa ridere il grido d’allarme della rappresentante di un governo che, per ingraziarsi il Vaticano, attenta continuamente alla libertà delle donne su diritti duramente conquistati come l'aborto, che chiude servizi e consultori, che crea disoccupazione. L' idea di fare indossare ai partecipanti all'assemblea dei braccialetti bianchi o, l'invito a vestirsi di bianco rivolto negli spot televisivi, fanno ridere ancora di più. Come se bastasse mettersi qualcosa di bianco addosso per fermare la violenza o distruggere secoli e secoli di cultura maschilista e patriarcale. L'aumento della violenza in Italia negli ultimi tempi, non riguarda solo le donne, ma essa è rivolta contro gli omosessuali e i migranti. Tutte categorie giudicate deboli e sottoprodotti. Dalla cultura razzista, antifemminista ed omofoba che credevamo ormai minoritaria ma che con la crisi economica e, soprattutto, con il contributo dello style of lif e sponsorizzato dal dittatorello da operetta, riempie ogni giorno i fatti di cronaca.
Tra le iniziative di questo G8 vi è stata anche una colazione di lavoro con i Paesi partner per discutere il bando delle mutilazioni genitali femminili. Ora, sappiamo bene che certe iniziative per avere successo hanno bisogno di finanziamenti generosi per permettere alle donne dei paesi poveri di ricevere istruzione adeguata, cure mediche, sostegno per conquistare un minimo di indipendenza economica che le metta al riparo dalla dipendenza totale dai maschi. Bene il governo italiano, promotore dell'iniziativa mette solo le briciole. In compenso, però, il munifico Berluscapappo ha speso una cifra incredibile per i regali ai potenti della terra intervenuti all'Aquila, mettendoli pure in imbarazzo (vedi il caso del primo ministro canadese). Con quella cifra si sarebbero potuto finanziare progetti utili alle donne e ai bambini delle zone disastrate del mondo. Daniela Colombo, presidente di Aidos, l'ong italiana più antica nella lotta contro mutilazioni genitali e violenze di genere,ha criticato duramente l'ipocrisia e la tirchieria del governo italiano, che ha destinato solo 500mila euro alle agenzie ONU dedicate, UNFPA e UNFEM. Inoltre, ha denunciato la mancata partecipazione di donne veramente rappresentative di movimenti e reti attive nella difesa dei diritti di genere, e l'invito, invece, rivolto all'intellettuale iraniana Manda Zand Ervin “che ha collaborato con l'amministrazione Bush contro il suo Governo, e' fuori dal Paese da oltre 40 anni, che cosa ha da condividere sulle lotte che le altre stanno conducendo in patria e' ancora tutto da capire''. Infatti, non capiamo. E' ancora troppo viva nei nostri occhi l'immagine di Neda e la rabbia di tutte le donne iraniane stuprate e torturate dal regime. Nei regimi totalitari le donne subiscono una doppia violenza: dallo stato e dai familiari o conoscenti; nei paesi in guerra anche dai soldati che le considerano prede naturali a loro dovute; nei paesi cosiddetti avanzati le donne hanno più probabilità di essere uccise o violentate dai mariti o dai fidanzati che da uno sconosciuto. Le cifre sono impressionanti, da guerra non dichiarata. Il fallimento delle leggi repressive è palese perché essenzialmente si tratta di un problema culturale. La cultura patriarcale non è mai morta, non è mai stata realmente sconfitta. L' appello rivolto ai mezzi di comunicazione e di informazione nel documento finale della Conferenza, ''affinché svolgano pienamente il loro ruolo centrale nel promuovere l'abbandono di stereotipi sociali degradanti e l'immagine della donna come protagonista ed artefice del progresso delle comunità'', la ministra italiana dovrebbe rivolgerlo al suo adorato presidente che con le sue televisioni e i suoi giornali ha contribuito pesantemente a degradare ed umiliare l'immagine della donna italiana riducendola a quella di una bambola gonfiabile tutta culo, labbroni e tettone, desiderosa di sesso e disposta a tutto pur di apparire. Il fenomeno delle veline e delle escort di lusso, aspiranti parlamentari, è un fenomeno tutto berlusconiano. Dobbiamo a lui se invece di interessarsi delle donne reali che ogni giorno devono lottare per affermare i loro diritti o per tirare avanti le loro famiglie, strette nella morsa della crisi economica che per molte di loro non sembra mai aver fine, i mezzi di comunicazione si interessano alle signorine che allietano i suoi giorni e le sue notti di vecchio libidinoso. Ciò che fa male è sapere che questo modello riscuote un successo trasversale e non indigna le donne come dovrebbe. Nel vuoto assoluto lasciato dalla fine dei grandi movimenti di massa, nel trionfo dei valori consumistici che investe non solo il consumo delle merci ma le stesse persone, le donne e non solo, ma anche i bambini (la pedofilia è aumentata in maniera esponenziale), sono considerate beni di consumo da possedere ad ogni costo. E i modelli offerti dai mass media, a cui molte donne si piegano invece di ribellarsi, contribuiscono a rafforzare questa idea aberrante. La bellezza sfacciata, costruita, esibita finisce per trasformarsi in bruttura pornografica. Il porno non ha niente da spartire con la sensualità, è semplicemente volgare, uso dei corpi, dei genitali, soddisfazione istantanea di bisogni primari, violenza. Infatti, ad essere stuprate non sono solo donne giovani e belle ma anche donne anziane, che spesso devono subire, pure, pesanti ironie.
Nel documento finale del summit tutti i presenti hanno espresso le loro buone intenzioni che non troveranno seguito nella pratica. Le buone intenzioni non costano nulla e fanno sentire più buoni chi le esprime. Ma milioni di donne nel mondo attendono giustizia e rispetto, lottano ogni giorno rischiando la vita. Basti pensare alle donne afghane, africane, a tutte quelle che vivono nei regimi totalitari, nei paesi musulmani. Solo se tutte troveremo la forza ed il coraggio di ribellarci ai nostri aguzzini potremo conquistare diritti e libertà rovesciando una società che è nostra nemica.

VIVA L'ANARCOFEMMINISMO! LODE ALLE DONNE RIBELLI!

Una individualità Anarchica siciliana

Un altro anarchico morto.

Sono tanti, lo ricordiamo, i compagni e le compagne morti e morte nel nome dell'idea in cui credevano. Un'idea di eguaglianza e di libertà, un idea che ha portato la scomparsa prematura di tante, troppe, persone. Compagni come Sacco e Vanzetti, mandati a morte per una colpa, che come loro spessi affermarono, effettivamente avevano e si riconoscevano, quella di essere Anarchici. Compagni precipitati dalle finestre di una questura durante gli interrogatori, come Giuseppe Pinelli, o ancora prima Andrea Salsedo, compagno di lotta di Sacco e Vanzetti. Anarchici pestati dalla celere e poi morti in carcere, per dei malori legati ai pestaggi come Franco Serantini. Tutti fatti misteriosi, che di misterioso non hanno nulla, e la cui conclusione non si è mai vista perchè insabbiata ad arte dai potenti apparati dello Stato, mandante ed esecutore tramite i suoi adepti di tali omicidi. Fatti più o meno recenti, più o meno antichi, ma mai dimenticati e mai affrancati, da chi fa della lotta di classe e della lotta per una società nuova, più equa e più giusta, una società di liberi e libere, di eguali, uno scopo di vita. Non abbiamo mai scordato e mai scorderemo tutti quei compagni che hanno versato il loro sangue in nome dell'Anarchia e dell'ideale. E oggi in questo 2009 abbiamo un'altro nome d'aggiungere all'elenco già troppo lungo e insanguinato degli omicidi, questo nome è Francesco Mastrogiovanni. Francesco aveva 58 anni, era maestro elementare, e aveva pagato già in passato per la sua militanza nel movimento anarchico. Era stato coinvolto nel Caso Marini, era stato condannato in primo grado a 3 anni di reclusione e prosciolto in secondo grado. Era stato a lungo perseguitato dalle forze dello Stato che lo avevano costretto più volte al Trattamento Sanitario Obbligatorio, questo aveva lasciato un segno profondo in Francesco. Lui ha trovato la forza di andare avanti, di continuare a lottare, se non altro per costruirsi un futuro, ed era riuscito ad ottenere un posto come maestro di scuola elementare. Poi il 4 agosto mentre era in un villaggio vacanze, l'ennesimo arresto con capo d'imputazione guida contromano in una isola pedonale, e per l'ennesima volta la costrizione di doversi sottoporre a un TSO. Solo che questa volta Francesco non è più uscito dalla clinica di Vallo della Lucania in provincia di Salerno, lui lo aveva detto al momento dell'arresto "se entro in quella clinica mi ammazzano", e aveva ragione. Legato al letto dai polsi, come presentano le ferite, il corpo di Francesco presenta i segni della colluttazione, gli è stato impedito di vedere qualsiasi persona ed è stato detenuto per 4 giorni e al quarto è morto, la causa ufficiale edema polmonare. Un'altra volta, un'altro compagno perseguitato e morto in condizioni misteriose, un'altra volta un processo, aperto con l'accusa di omicidio colposo che pende sulla testa dei medici della clinica psichiatrica, troppe ombre, troppa oscurità. Chissà se vedremo mai la luce in questo ennesimo misterioso caso o se finirà come nei precedenti misteriosi casi che vennero insabbiati. Così come tutti gli altri Compagni che hanno creduto, lottato e militato per l'idea noi Compagno Francesco Mastrogiovanni non ti scorderemo!

Roberto Per la Sezione "Delo Truda" FdCA - Palermo

Vergognoso. Sindaco leghista toglie dedica a Impastato da biblioteca paese.

(AGI) - Bergamo, 10 set. - Il sindaco leghista della nuova amministrazione del Comune di Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha fatto rimuovere dalla biblioteca la targa dedicata alla memoria di Peppino Impastato, giovane siciliano ucciso dalla mafia nel 1978, che era stata messa solo lo scorso anno.

La motivazione: meglio onorare personaggi locali. Nel caso specifico, il sacerdote Giancarlo Baggi, morto nove anni fa. In realtà la targa a Impastato sarebbe potuta restare fino al maggio prossimo, visto che per dedicare la biblioteca al sacerdote bisogna, secondo la legge, aspettare che scadano i dieci anni dalla morte. Ma il sindaco Cristiano Aldegani (che aveva anche tentato di agire con procedura d'urgenza ma era stato stoppato dalla prefettura) ha voluto comunque togliere la dedica al giovane siciliano per sostituirla, nel frattempo, con la semplice scritta 'Biblioteca comunale di Ponteranica'. Nei giorni scorsi la notizia era arrivata all'associazione Libera e all'associazione 'Peppino Impastato che con l'Arci di Bergamo si erano appellate ad Aldegani mandandogli una lettera per chiedergli un incontro al quale avrebbe partecipato il fratello di Peppino Impastato per cercare di fargli cambiare idea, informandolo anche della loro 'ferma determinazione a porre in campo tutte le iniziative di tutela della memoria di Peppino'. Ma il sindaco e' andato avanti per la sua strada. Troppo stronzi e grossolani questi leghisti.
Cristiano Aldegani, sindaco leghista di Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha deciso di rimuovere la targa che la biblioteca comunale aveva dedicato a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978. Il sindaco ha giustificato, questo grave atto, con il desiderio di onorare personalità padane doc. E sicuramente Peppino non lo era. Era solo un terrone morto ammazzato dai mafiosi terroni come lui. Nonostante le numerose proteste, l'Aldegani è rimasto fermo nelle sue decisioni. In questa Italia di merda, malgovernata da un vecchio dittatorello da operetta e da un pugno di suoi leccaculo, ogni giorno siamo costretti ad assistere a fatti vergognosi. La Lega, quotidianamente, sputa il suo veleno contro i migranti e i diversi. Per soddisfare la sua sete di potere e raccattare voti, scava nel ventre delle persone e ne tira fuori tutta la merda. L'antimeridionalismo, mai sopito, è di nuovo saltato fuori, come un morbo virulento, che investe anche i morti ammazzati dalla mafia. L'ignoranza e la bassa volgarità dei leghisti non conoscono limiti. Le loro idee aberranti fanno vomitare. Ma disgraziatamente, più le sparano grosse e più cresce il loro consenso. E' una costante storica, nei periodi di crisi economica, aumenta il consenso verso i partiti fascisti e razzisti, che utilizzano la paura come arma di distrazione di massa. Dispiace aver sentito il fratello di Peppino, offeso da tale oltraggio, dire che si rivolgerà a Maroni. Peppino non si sarebbe mai rivolto ad un ministro appartenente ad un partito razzista e xenofobo. Lui lottava contro e si farebbe una bella risata. Si, sono certa che Peppino non si incazzerebbe. Troppo stronzi e grossolani questi leghisti. Lasciamo che le sparino sempre più grosse, finiranno con l'impiccarsi con le proprie mani. Andiamo ai loro comizi e seppelliamoli con una risata. Gli uomini come Peppino se ne fottono delle targhe leghiste.

Note a margine………da fumatrice a !!??.

Manifestazione “stop omofobia” - 18 settembre 2009, ore 18.00 palermo.

L’escalation di violenza omofoba che ha colpito in queste settimane le nostre città non può essere considerata una novità. Quanto accaduto a Roma, Firenze, Napoli e Messina non deve colpire e spaventare più di quanto la comunità gay, lesbica, trans ha già vissuto negli ultimi anni: incendi alle associazioni ed ai locali GLBT, aggressioni subite nei luoghi di incontro, ragazze e ragazzi picchiati e accoltellati in alcuni casi dagli stessi familiari. E questi fatti non sono ”altro” rispetto agli innumerevoli episodi di violenza razzista o agli infiniti casi di stupri e violenze sessiste perpetrate sui corpi delle donne. La vera novità degli ultimi mesi è invece che queste violenze, innegabilmente figlie di una recrudescenza fascista, godono di una copertura politica a 360 gradi grazie alla vittoria culturale ed elettorale delle destre ed al colpevole silenzio del centrosinistra, che si accompagna alla sua manifesta incapacità di immaginare e costruire un paese differente. L’Italia sembra condannata, non solo dal conservatorismo della destra ma anche dal neo-moderatismo del centrosinistra, ad un presente e ad un futuro in cui la parola Laicità è svuotata di significato. Considerazioni banalmente moralistiche, spacciate in mala fede per etiche e/o religiose, prendono il sopravvento sul bene comune, sul benessere dei cittadini e delle cittadine, sul rispetto per i corpi, i desideri, le speranze delle donne e degli uomini. Ci si accanisce per far decidere alla Legge il momento e le modalità con cui si viene al mondo; ci si accanisce sui corpi morenti per far stabilire alle istituzioni come e quando passare a miglior vita; ma non ci si preoccupa di tutto quel che accade tra il momento della nascita e quello della morte. Se si cresce poveri, senza lavoro, senza il rispetto altrui a causa del colore della propria pelle, senza il rispetto per il fondamentale diritto di scegliere chi amare e chi desiderare, tutto ciò sembra non interessare le nostre Istituzioni. E nel loro silenzio nasce e cresce il disprezzo per i nostri corpi, violati quando hanno un colore diverso dal nostro, quando sono i corpi delle donne, quando sono portatori di espressioni del desiderio differenti rispetto a quelle della maggioranza. Ecco, forse il motivo principale per il quale oggi manifestiamo è proprio la volontà di urlare il nostro diritto a non vedere più mortificati i nostri corpi e a vederli rispettati nel loro essere portatori di desideri e sentimenti sani, gioiosi e vitali. Gli episodi di violenza delle scorse settimane non sono altro che un tentativo di non farci sentire al sicuro nemmeno nei luoghi che consideriamo nostri per ricacciarci nelle nostre case, condannati a vergognarci di quello che siamo. Esattamente come le violenze contro le donne sono l’ultimo feroce tentativo di tenerle chiuse in casa per lasciare il controllo del resto del mondo nelle mani degli uomini. Ma noi non abbiamo nulla di cui vergognarci, non abbiamo nulla da nascondere nel segreto delle nostre case: abbiamo invece il diritto di vivere liberamente la nostra vita alla luce del sole. E vogliamo che questo diritto ci venga riconosciuto innanzitutto dalle nostre Istituzioni. L’Italia è uno degli ultimi paesi europei a non avere ancora una legge contro l’omofobia, una legge che riconosca l’aggravante della discriminazione fondata sull’orientamento sessuale al pari di quanto avviene per le discriminazioni fondate sul colore della pelle o sulle convinzioni religiose. Il progetto di legge per la cosiddetta estensione della Legge Mancino ai reati commessi con l’aggravante della discriminazione fondata sull’orientamento sessuale marcisce da anni in Parlamento e spaventa la Destra tanto quanto larga parte del Centrosinistra. E’ stato discusso, modificato, impoverito, fino a diventare una nuova proposta (purtroppo appoggiata dalla onorevole Paola Concia, unica lesbica dichiarata nel nostro Parlamento) che, se approvata, non tutelerà i nostri diritti e non ci proteggerà da violenze e persecuzioni. Il primo atto della nostra comunità GLBT deve essere quello di ribellarsi a questa riscrittura della Legge e le Associazioni, i movimenti devono impegnarsi ufficialmente a non riconoscere lo stravolgimento operato dal Parlamento e scendere in piazza per chiedere con forza che si torni al progetto originario di estensione della Legge Mancino. In questi anni abbiamo già commesso tanti errori: le Associazioni hanno perso la capacità di parlare alla comunità Glbt, hanno rinunciato al compito di fare politica, di disegnare un mondo migliore, di costruire un paese realmente moderno e laico per i milioni di gay, lesbiche e trans che ci vivono quotidianamente; e a sua volta la comunità Glbt ha smesso di essere una comunità politica unita da un progetto di cambiamento della società per diventare una comunità di consumatori, di clienti di pub e discoteche. Uomini e donne che si accontentano del proprio diritto di divertirsi insieme dalle 22 in poi ma che hanno rinunciato a combattere per avere delle vite migliori e più felici anche nelle altre ore del giorno, per strada, nelle proprie case, nei luoghi del proprio lavoro. Il nostro compito come Associazioni GLBT è riprendere da oggi un confronto serrato con le Istituzioni perché venga tutelato il nostro diritto alla serena e piena affermazione di sé in ogni luogo ed in ogni ora del giorno. Nei nostri locali così come in ogni angolo delle nostre città. Per questo il nostro lavoro non può e non deve esaurirsi nell’impegno sull’estensione della Legge Mancino. Ma deve estendersi in ogni luogo istituzionale, a partire dalla nostra città e dalla nostra Provincia. Al Presidente Avanti, per esempio, chiediamo di spendere i soldi che sono anche nostri non per finanziare spettacoli indegni che, come quello recentemente animato da Radio 101, strappano la risata ridicolizzando gay, lesbiche e trans ma per agevolare e finanziare, invece, l’ingresso dei comuni nella nostra Provincia nella Rete Re.A.Dy (specificare di cosa si tratta) per creare un confronto a livello nazionale sul tema della discriminazione e degli strumenti che gli Enti Locali possono utilizzare per combatterla e per diffondere presso le nostre comunità il rispetto per ogni differenza. Ed al Comune di Palermo chiediamo, con la stessa forza e con la stessa urgenza, di costituire e finanziare un Osservatorio Permanente che raccolga Istituzioni, Forze dell’Ordine e Associazioni GLBT col compito di prevenire le violenze omofobe, sia attraverso lo studio e la raccolta di testimonianze che permettano di valutare la reale entità del fenomeno nel nostro territorio sia attraverso la predisposizione di strumenti che aiutino le vittime di queste violenze e che tutelino la comunità GLBT dal diffondersi ulteriore di tali episodi di discriminazione. “La lotta contro ogni sopruso ai danni delle donne, contro la xenofobia, contro l’omofobia fa tutt’uno con la causa del rifiuto dell’intolleranza e della violenza, in larga misura oggi alimentata dall’ignoranza, dalla perdita dei valori ideali e morali, da un allontanamento spesso inconsapevole dai principi su cui la nostra Costituzione ha fondato la convivenza della nazione democratica”. E la nostra Costituzione condanna la discriminazione anche quando essa è fondata sull’orientamento sessuale “una nozione innovativa che va ricordata e sottolineata nel momento in cui l’intolleranza colpisce persone e comunità omosessuali”. Queste parole non provengono da un pulpito qualsiasi ma sono le parole pronunciate pochi giorni fa dal nostro Presidente della Repubblica. Possiamo addirittura dire che in esse vi è il pieno riconoscimento del nostro diritto di essere qui oggi e la piena copertura politica ed Istituzionale alle nostre richieste, alle nostre battaglie, alla nostra legittima aspirazione ad essere donne e uomini liberi di vivere le proprie scelte ed i propri desideri alla luce del sole. Impegniamoci quindi da oggi tutte e tutti e continuare insieme questa battaglia affinchè le parole di Napolitano non restino una semplice speranza ma diventino nel più breve tempo possibile la bandiera di un’Italia più libera, più laica e meno spaventata dai desideri, dai sentimenti e dalla felicità ricca di colori che i nostri corpi sono capaci di esprimere.

ASSOCIAZIONE OMOSESSUALE ARTICOLO 3 PALERMO
ARCIGAY PALERMO
AGEDO PALERMO
ARCILESBICA LADY OSCAR PALERMO