Dalla gestione dell’emergenza al controllo capillare del territorio.

L’organo nazionale che si occupa della previsione, prevenzione e gestione degli eventi straordinari catalogati come calamità naturali è il Dipartimento della Protezione Civile.
Questo venne istituito con DPCM del 22 giugno 1982. Antecedentemente, nei primi decenni del ventesimo secolo, il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi veniva effettuato dal Ministero dei Lavori Pubblici, mediante il suo braccio destro operativo rappresentato dal Genio Civile.

Solo nel 1970 si ha la vera svolta verso l’assetto odierno della gestione dell’emergenza, quando con la legge n. 996 dal titolo "Norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità", vengono delineate, per la prima volta, disposizioni di carattere generale che prevedono un'articolata organizzazione di protezione civile e viene creata la figura del Commissario Straordinario. La concretizzazione di tale figura si avrà con la designazione alla carica di Commissario Straordinario di Giuseppe Zamberletti, nominato con il decreto legge n.57 del 27 febbraio 1982 (convertito nella legge n.187 dello stesso anno), col quale Zamberletti viene nominato a capo del nuovo Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, che nella sua attività si avvarrà del Dipartimento della Protezione Civile.
Infine dal 1992, con Legge n.225, il Dipartimento della P.C., che nel frattempo era passata alle dipendenze del Ministero dell’Interno, passa da questo alla diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I compiti del Dipartimento sono legati alla previsione e prevenzione dei rischi che gravano sul territorio e, specialmente, alle attività da mettere in campo nelle fasi emergenziale e post-emergenziale, al fine di limitare le conseguenze negative di qualsiasi disastro naturale o artificiale.

Ed è proprio attraverso la gestione dell’emergenza e delle fasi successive ad essa, che implicano l’urgenza delle azioni da mettere in atto nelle occasioni di eventi straordinari, che si fa strada e si consolida il potere politico ed economico del Commissario Straordinario del Dipartimento della Protezione Civile.

Quando infatti in una porzione del territorio italiano viene dichiarato lo stato di emergenza, poiché si verifica una situazione in cui le capacità di risposta dell'Ente Locale territoriale non sono in grado di far fronte ai problemi che si sono presentati, entra in campo il Commissario Straordinario.
Questi gestisce i fondi per l'emergenza, stanziati dal Governo, in tutta autonomia e può agire in deroga alle normative comunitarie ed alla legge italiana in materia d'appalto, emettendo ordinanze straordinarie.
Infatti nei casi delle emergenze di rilievo nazionale, l'urgenza dell'intervento giustifica la sospensione delle normali procedure di aggiudicazione delle opere pubbliche mediante gara d'appalto e l’affidamento degli incarichi e dei futuri lavori diventa prerogativa diretta del Commissario Straordinario che aggiudica i lavori a ditte scelte a sua discrezione.

Inoltre il Dipartimento della Protezione Civile è alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri e questo lo situa in una posizione "superiore" rispetto ai Dipartimenti direttamente dipendenti da un "semplice" Ministero e lo mette al riparo anche dal controllo della Corte dei Conti.
Da qui l’enorme potere politico ed economico dell'attuale Capo del Dipartimento della P.C., il medico Guido Bertolaso, tecnico bipartisan della gestione emergenziale che ha ricoperto vari incarichi sia nei governi di centrosinistra che di centrodestra e che è stato eletto a Commissario della P.C. nel nuovo corso voluto da Berlusconi a partire dal 2001.
Bertolaso, personaggio molto vicino all’Opus Dei, è oggi uno degli uomini più potenti d'Italia, godendo, in virtù del suo incarico, di un'autonomia totale in tema di ordinanze, di gestione di fondi, di trattative di appalti in forma privata e il tutto senza alcun controllo.

E questo non solo nei casi di emergenze dovute a calamità naturali a carattere nazionale.
Infatti proprio nel decreto del settembre 2001, lo stesso che ha trasformato l'ente in dipartimento della Presidenza del Consiglio, l'articolo 5 bis comma 5 stabilisce che il potere di ordinanza del Commissario si estende “alla dichiarazione di grandi eventi anche diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza”.
Ciò significa che la P.C. può entrare in gioco non più solo in conseguenza a terremoti, alluvioni, e altre calamità naturali, ma anche in occasione di grandi meeting che coinvolgono la mobilitazione di grandi masse di popolazione, come quelli a carattere religioso o sportivo, o in occasione di eventi politici come il G8, oppure di altre emergenze umane come le carenze idriche, lo smaltimento di rifiuti, l’immigrazione ecc.

Attraverso l’articolo 5 bis la pratica dell’ordinanza viene estesa, ampliando notevolmente i poteri del Dipartimento della P.C. Questo, quindi, per tutta una serie di prerogative, si trova ad essere svincolato dalle normali procedure decisionali della democrazia borghese, e diviene così strumento, quasi insindacabile, di controllo diretto del territorio da parte del potere esecutivo, oltre che veicolo di capitali da elargire alle imprese amiche.
E infatti, da quando Guido Bertolaso è stato nominato capo del Dipartimento per la Protezione Civile italiana, sono state varate circa 550 ordinanze emergenziali, con un erogazione di capitali all’incirca di 10,6 miliardi di euro.
Solo per fare un esempio, a Varese in occasione di un “grande evento”, i Mondiali di ciclismo 2008, con l’ordinanza n. 3565 sono stati stanziati, nel 2007, sette milioni di euro per la nuova tangenziale fra la Ss 342 “Briantea” e la Ss 233 “Varesina”, scavalcando sindaci ed enti locali.
Ma il meccanismo dell’ordinanza potrebbe essere funzionale anche ad uno degli ultimi progetti del governo Berlusconi: il ritorno al nucleare.
Infatti, attraverso questa “scappatoia” autoritaria potrebbero essere superate tutte quelle difficoltà legate ai freni autorizzativi imposti dagli enti locali contrari alla costruzioni di centrali nucleari sul proprio territorio.
Non è un caso che nel decreto legge “anticrisi”, varato dal Consiglio dei Ministri il 26 giugno 2009, è stato aggiunto ai compiti della Protezione Civile anche quello della gestione di interventi sulla trasmissione e distribuzione dell’energia. In tal modo è sufficiente la nomina di un Commissario Delegato per poter utilizzare mezzi e poteri straordinari in deroga alle competenze delle altre amministrazioni territoriali, per cui le comunità locali potrebbero vedersi costruire una centrale nucleare sul proprio territorio grazie ad un’ordinanza del Capo della Protezione Civile, senza poter opporsi “legalmente”.

La Protezione Civile, quindi, non è un reale organo di prevenzione, come dovrebbe essere, quanto invece uno strumento nelle mani dell’esecutivo.
D'altronde con la prevenzione ci si guadagna poco sia in termini di affari economici, con commesse elargite agli amici degli amici, sia in termini di controllo politico del territorio.
Con la gestione dell’emergenza e della post-emergenza invece è tutto un altro andare.
L’ultimo esempio ce lo abbiamo sotto gli occhi tutti, rappresentato dalla recentissima tragedia abruzzese. A parte il fatto che se la Protezione Civile fosse stata un vero ente di prevenzione, da anni si sarebbe dovuta preoccupare dell’adeguamento strutturale perlomeno degli edifici sensibili dei territori ad alta pericolosità sismica, come scuole ed ospedali.
In realtà in Abruzzo una tragedia umana, dovuta in gran parte alla mancanza di una cultura di prevenzione sismica, dettata dalla centenaria speculazione edilizia esercitata da un intero blocco economico-sociale costituito da imprenditori, politici e tecnici, si è trasformata in una nuova occasione di gestione di capitali.

In più la gestione post-terremoto del territorio rappresenta per la Protezione Civile, e per il potere esecutivo di cui è strumento, la sperimentazione di forme di vigilanza capillare della popolazione, attraverso modelli di controllo assoluto sulla vita degli sfollati nei campi di accoglienza.
È questo un aspetto che ho potuto costatare personalmente in occasione delle visite fatte per andare a trovare i compagni e le compagne di Epicentro Solidale del campo di Fossa. Schedatura ossessiva dei residenti e di chiunque volesse andare a far visita; imposizione di orari di rientro al campo con chiusura delle entrate ad una certa ora della sera, per cui c’era chi rischiava di rimanere fuori dalla propria tenda; impedimento al ricongiungimento di famiglie, persino occasionale, per cui si arriva addirittura ad impedire ad un anziano genitore di ricevere a pranzo i propri figli, abitanti in un altro campo. Niente internet, niente TV personali, ma solo quella comandata dalla P.C. presente nella mensa; possibilità di contatti col mondo esterno ridotti ai minimi termini. Nulla si poteva e si può fare nei campi se non hai l’autorizzazione dei “soldatini” della Protezione Civile.

L’intento è chiaro: ridurre un intera popolazione, ancora sconvolta dal terremoto, ad un ammasso di individui senza volontà, incapaci di badare a loro stessi, necessitanti della caritatevole autorità del dominio.
Qualsiasi forma di partecipazione dei residenti alla gestione dei campi è negata, persino i Comuni sono esautorati dai loro consueti poteri e nei campi fungono da cuscinetto tra i padroni della Protezione Civile e i residenti.

E sopra a tutti lui, il padre-padrone Bertolaso, dispensatore di fiducia e certezze. Certo, la certezza dei guadagni realizzati dalle imprese imposte come fornitrici delle mense e delle strutture logistiche basilari dei campi, la maggior parte delle quali oltretutto proviene da fuori regione. O la certezza degli immensi guadagni che stanno realizzando i palazzinari che si sono aggiudicati gli appalti di fornitura dei nuovi alloggi.

Zatarra